Quattro stagioni di Antonio Vivaldi, concerti a Venezia

Antonio Vivaldi

Le quattro stagioni

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Le Quattro Stagioni di Antonio Vivaldi

Oltre ad essere debitore parziale del suo prossimo detrattore Benedetto Marcello (il quale ne attaccherà le debolezze, e soprattutto quelle del mondo teatrale del tempo nel libretto satirico “Il Teatro alla Moda”), per l’uso dei movimenti lenti molto intensi nei suoi concerti, Vivaldi viene decisamente influenzato dalla pratica musicale della Cappella di San Marco, e in particolare per gli effetti d'eco e i "doppi cori".

La strabiliante novità, sfociata nel conseguente successo internazionale, è rappresentata nella carriera di Vivaldi dalla pubblicazione ad Amsterdam nel 1725 dell’op. 8, Il Cimento dell'Armonia e dell’Invenzione, dodici concerti nei quali emerge definitivamente la figura solistica del violino.

A parte La tempesta di mare, Il Piacere, La caccia, i cui titoli rimandano soprattutto ad effetti sonori, è un vero “programma musicale” quello che sottende ai primi quattro Concerti, La primavera, L’estate, L’autunno e L’inverno... le Quattro Stagioni.

C'è chi ha tentato di contare il numero di esecuzioni e di incisioni di questo capolavoro, dovendosi fermare di fronte a cifre quasi incalcolabili, che distanziano di netto la piazza d'onore della 9° Sinfonia di Beethoven.

Una musica descrittiva scritta da un uomo di teatro, tanto ricca di effetti, imitazioni e ammiccamenti da riuscire subito familiare al pubblico più vasto, affascinando per la tecnica che richiede al solista.

“Per terminare egli improvvisò una cadenza da lasciare sbalorditi, che non era mai stata né potrà mai più essere suonata. Le sue dita arrivavano ad un filo dal ponticello e su tutte e quattro le corde, con una velocità che pareva incredibile a tutti”, scrive un testimone: il solista cui pensava Vivaldi era se stesso.

Concerto Nº 1 in Mi maggiore, opera 8, RV 269
La primavera
I. Allegro (in Mi maggiore)
Giunt’è la Primavera e festosetti
La Salutan gl’Augei con lieto canto,
E i fonti allo Spirar de’ Zeffiretti
Con dolce mormorio Scorrono intanto
Vengon’ coprendo l’aer di nero amanto
E Lampi, e tuoni ad annuntiarla eletti
Indi tacendo questi, gl’Augelletti
Tornan di nuovo al lor canoro incanto:
II. Largo e pianissimo sempre (in Do diesis minore)
E quindi sul fiorito ameno prato
Al caro mormorio di fronde e piante
Dorme ‘l Caprar col fido can’ à lato.
III. Allegro pastorale (in Mi maggiore)
Di pastoral Zampogna al suon festante
Danzan Ninfe e Pastor nel tetto amato
Di primavera all’apparir brillante.
Concerto Nº 2 in Sol minore, opera 8, RV 315
L' Estate
I. Allegro non molto (in Sol minore)
Sotto dura stagion dal sole accesa
Langue l’huom, langue ‘l gregge, ed arde ‘l pino,
Scioglie il cucco la voce, e tosto intesa
Canta la tortorella e ‘l gardellino.
Zeffiro dolce spira, ma contesa
Muove Borea improvviso al suo vicino;
E piange il Pastorel, perché sospesa
Teme fiera borasca, e ‘l suo destino;
II. Adagio e piano – Presto e forte (in Sol minore)
Toglie alle membra lasse il suo riposo
Il timore de’ lampi, e tuoni fieri
E de mosche, e mosconi il stuol furioso:
III. Presto (in Sol minore)
Ah che pur troppo i suoi timor son veri
Tuona e fulmina il cielo grandinoso
Tronca il capo alle spiche e a’ grani alteri.
Concerto Nº 3 in Fa maggiore, opera 8, RV 293
L'autunno
I. Allegro (in Fa maggiore)
Celebra il Vilanel con balli e Canti
Del felice raccolto il bel piacere
E del liquor di Bacco accesi tanti
Finiscono col Sonno il lor godere.
II. Adagio molto (in Re minore)
Fa’ ch’ ogn’uno tralasci e balli e canti
L’aria che temperata dà piacere,
E la Staggion ch’invita tanti e tanti
D’un dolcissimo sonno al bel godere.
III. Allegro (in Fa maggiore)
I cacciator alla nov’alba à caccia
Con corni, Schioppi, e cani escono fuore
Fugge la belva, e Seguono la traccia;
Già Sbigottita, e lassa al gran rumore
De’ Schioppi e cani, ferita minaccia
Languida di fuggire, mà oppressa muore.
Concerto Nº 4 in Fa minore, opera 8, RV 297
L'inverno
I. Allegro non molto (in Fa minore)
Agghiacciato tremar tra nevi algenti
Al Severo Spirar d’orrido Vento,
Correr battendo i piedi ogni momento;
E pel Soverchio gel batter i denti;
II. Largo (in Mi bemolle maggiore)
Passar al foco i dì quieti e contenti
Mentre la pioggia fuor bagna ben cento
III. Allegro (in Fa minore)
Caminar sopra il ghiaccio, e a passo lento
Per timore di cadere bene;
Gir forte Sdrucciolar, cader a terra
Di nuovo ir sopra ‘l ghiaccio e correr forte
Sin ch’il ghiaccio si rompe, e si disserra;
Sentir uscir dalle ferrate porte
Scirocco, Borea, e tutti i venti in guerra
Quest’è ‘l verno, ma tal, che gioia apporte.